giovedì 31 dicembre 2009

L'OPALE DELL'AMORE

Due fidanzati non si stancavano di ammirare le pietre preziose che erano esposte in una gioielleria. Diamanti, zaffiri, smeraldi li incantavano. Ne cercavano una che fosse il segno del loro amore. Il loro sguardo cadde su una pietra modesta, scura e senza splendore. Il gioielliere lesse la domanda nei loro occhi. E spiegò: «Questo è un opale: è fatto di silice, polvere e sabbia del deserto, e deve la sua bellezza ad un difetto invece che alla sua perfezione. L'opale è una pietra con il cuore spezzato, poiché è pieno di minuscole fessure che permettono all'aria di penetrare all'interno. L'aria, poi, rifrange la luce, e il risultato è che l'opale possiede delle sfumature così incantevoli da essere chiamato "lampada di fuoco", perché ha dentro il soffio del Signore». Prese la pietra e la strinse forte nel cavo della sua mano. Continuò: «Un opale perde la sua lucentezza se viene messo in un posto freddo e buio, ma torna ad essere luminoso quando è scaldato dal tepore di una mano o è illuminato dalla luce». L'uomo aprì la mano. La pietra era un palpito di luce tenera, morbida, carezzevole. Quella fu la pietra acquistata.

lunedì 16 novembre 2009

IL RICORDO

In una giornata d'inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po' di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d'avviso. Ella mandò a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate «maddalenine».
Ed ecco, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «maddalena» quella della conchiglietta di pasta , con la sua veste a pieghe. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, Avevo cessato di sentirmi mediocre. Da dove m'era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch'era legata al sapore del tè e della focaccia, ma la sorpassava
Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla?
E ad un tratto il ricordo m'è apparso.
Quel sapore era quello del pezzetto di «maddalena» che la domenica mattina , quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio.
La virtù della bevanda sembra diminuire. Depongo la tazza e mi rivolgo al mio animo.
…….l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, portando, l'immenso edificio del ricordo.
Chiedo al mio animo ancora uno sforzo, gli chiedo di ricondurmi di nuovo la sensazione che fugge.
…… allontano ogni ostacolo, ogni pensiero estraneo, mi difendo l'udito e l'attenzione dai rumori della stanza accanto.

Marcel Proust

NON SAPPIAMO MAI SE UNA COSA SIA BENE O MALE PER NOI

“Un giorno Akbar e Birbal andarono a caccia nella selva. Sparando col suo fucile, Akbar si ferì il pollice e gridò di dolore. Birbal gli fasciò il dito e lo consolò con le sue riflessioni filosofiche: “Maestà, non sappiamo mai ciò che è bene o è male per noi”. L’imperatore si infuriò e scaraventò il ministro nel fondo di un pozzo abbandonato. Poi continuò a camminare solo per il bosco. Frattanto un gruppo di selvaggi gli venne incontro in piena selva, lo attorniò, lo fece prigioniero e lo trascinò davanti al suo capo. La tribù stava preparandosi ad offrire un sacrificio umano e Akbar fu accolto come la vittima che Dio aveva loro inviato. Lo stregone della tribù lo esaminò attentamente e notando che aveva un pollice rotto, lo respinse perché la vittima prescelta non doveva avere nessun difetto. Allora Akbar si rese conto che Birbal aveva avuto ragione, provò rimorso per il suo gesto inconsulto, tornò correndo al pozzo nel quale lo aveva gettato, lo trasse fuori e gli chiese perdono per il male che, tanto ingiustamente, gli aveva causato. Birbal rispose. “Maestà, non deve chiedermi perdono, perché non mi ha fatto alcun male. Al contrario, mi ha fatto un grande favore: mi ha salvato la vita. Infatti, se non mi avesse scaraventato in questo pozzo, io avrei continuato a camminare al suo fianco e questi selvaggi avrebbero preso me per il loro sacrificio. Come vede, Maestà, non sappiamo mai se una cosa sia bene o male per noi ”

SI AMA QUALCUNO COS'I' COM'E'

Jules ebbe degli echi dei loro attriti. Raccontò loro una storia indù:

«Due amanti provavano i tormenti dell'amore e della gelosia. Conobbero insieme la più grande felicità, e la sciuparono. Molte volte si separarono e si ritrovarono, più innamorati di prima. Ma ognuno fece soffrire l'altro. Si lasciarono per sempre. Qualche anno dopo lui, col cuore spezzato, volle rivederla prima di morire. La cercò, viaggiò, pensando che, dovunque lei fosse, la sua bellezza l'avrebbe resa famosa. La ritrovò vedétte di una di una compagnia di danzatrici che conducevano un'esistenza frivola. Le andò incontro, la guardò, e non trovava niente da dirle, e le lacrime gli scendevano dagli occhi. Seguì la compagnia, e contemplava l'amica che ballava e sorrideva per gli altri. Non c'era rimprovero in lui, e non desiderava da lei che il permesso di guardarla. "Finalmente mi ami davvero!" gli disse lei».
Jules disse a Kathe:
«La tua massima è questa: in una coppia bisogna che almeno uno dei due sia fedele: l'altro».
Disse pure:
«Se si ama qualcuno, lo si ama così com'è. Non si desidera influenzarlo, perchè, se ci si riuscisse, non sarebbe più lui. Meglio rinunciare all'essere che si ama che cercare di modificarlo con la pietà o la tirannia».

Jim avrebbe voluto morire di Kathe. Sopravvivere era un'offesa. I ragni maschi lo sanno, e anche le loro femmine.
da Jules et Jim - Francois Truffaut –

mercoledì 14 ottobre 2009

SEPARAZIONE E RICORDO

Un giorno provai ad alzarmi in volo, provai l'ebrezza di lanciarmi nel vuoto, provai a sfidare le leggi della gravità, studiai e sperimentai tecniche nuove e cercai i luoghi e le correnti giuste ... ma le mie ali , al pari di quelle di Icaro, si sciolsero quando stavo per toccare il sole ....
Precipitai ... tentai di planare ma ... il mio atterraggio di fortuna riuscì a metà. Ora l'infinita gioia che pervase il mio cuore ha lasciato il posto al dolore e , quasi incapace di muovermi, sto pensando a dove ho sbagliato. Ripasso mille volte con la mente ogni istante, ogni secondo di quell'indimenticabile volo.
Forse ora è meglio che la smetta di ingannarmi. Forse ora è tempo che comprenda che le mie ali non mi porteranno mai più da nessuna parte. Forse è giunto il momento che capisca che queste ali, costruite con tanta pazienza ed infinito amore sono diventate inservibili. Queste ali, che mi hanno permesso di toccare il cielo sono diventate ormai solo un peso. Forse è giunta l'ora che mi rialzi e ricominci a camminare. Questa volta con i piedi ben saldi a terra. Dimenticando impossibili voli .
Evitando di guardare in alto ... evitando di guardare il sole e le stelle...
"Non esiste separazione definitiva finchè esiste il ricordo"
(Isabel Allende)

DISPREZZARE GLI ALTRI

C'era una volta una rosa, molto orgogliosa di essere la piu bella del giardino.
Ma era triste, perché gli uomini la ammiravano da lontano senza avvicinarsi. infatti, accanto a lei viveva un grosso ranocchio scuro. Un giorno la rosa, indignata, gli ordinò di andarsene e il ranocchio se ne andò obbediente.
Qualche tempo dopo, il ranocchio ripassò da lei...e che sorpresa quando vide la rosa smunta e avvizzita, senza piu un petalo e nemmeno una foglia.
- come sei messa! disse il ranocchio. - Che cosa ti è successo?
- da quando te ne sei andato, ogni giorno le formiche mi hanno mangiato un po alla volta e ho perso tutta la mia bellezza - rispose la rosa, profondamente addolorata.
- certo, disse il ranocchio, quando vivevo accanto a te mangiavo tutte le formiche, per questo eri la piu bella del giardino.

Morale
Tante volte disprezziamo gli altri perché ci crediamo migliori o piu belli di loro, e perché pensiamo che gli altri non ci servano. Dio non crea nessuno perché sia al primo posto nel mondo, tutti abbiamo qualcosa da insegnare agli altri e qualcosa da imparare. Nessuno ha il diritto di disprezzare un altro, perché forse ci sta facendo del bene che scopriremo solo piu tardi.
Eric de La Parraz Paz

SE LA MIA VITA FOSSE PROPRIO QUELLA VOLTA

Ma la vita è veramente come il gelato biscotto vaniglia e cioccolato?
Io preferivo la vaniglia, allora iniziavo a mangiarlo dal cioccolato, così me la tenevo per la fine.
Da vero cattolico mettevo il sacrificio davanti e la goduria dopo.
Una volta a metà mi è caduto, proprio quando dovevo mangiare la vaniglia... ploff! Per terra.
Una volta solamente.
E se la mia vita fosse proprio quella volta?
(FABIO VOLO)

FORTUNA O SFORTUNA ?

Racconta un'antica storia popolare cinese di un vecchio contadino al quale una mattina fuggì il cavallo che adoperava nel lavoro dei campi. Alla notizia i vicini di casa si recarono subito dal contadino per manifestargli la loro vicinanza in questo momento di grande sfortuna per lui. "Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo?!", si limitò a dir loro il vecchio contadino.Il giorno seguente, infatti, il cavallo fuggito fece ritorno alla stalla; aveva trascorso la notte sulla montagna e, tornando a valle, era stato seguito da una mandria di cavalli selvatici.Quando i vicini vennero a saperlo, subito corsero dal vecchio per congratularsi con lui della straordinaria fortuna che gli era capitata! "Fortuna, sfortuna, e chi può dirlo?!", sentenziò nuovamente il contadino.Fu così che quello stesso giorno il figlio del contadino decise di cavalcare il più forte dei cavalli selvaggi, per ammaestrarlo e utilizzarlo nel lavoro nei campi. Ma mentre tentava di domarlo, il cavallo selvaggio lo disarcionò, facendo cadere violentemente a terra il figlio del contadino che si ruppe una gamba.Ancora una volta la gente del villaggio non esitò nel correre a casa del contadino per piangere insieme a lui l'evidente disgrazia che su di lui si era abbattuta. Ma ancora un volta il vecchio non si scompose più di tanto e si limitò a sentenziare: "Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo?!"Avvenne infatti che in Cina scoppiò una terribile guerra e che i capi dell'esercito, che viaggiavano di villaggio in villaggio per reclutare soldati, vedendo il figlio del contadino con una gamba rotta non si fermarono e passarono oltre.
ANTICA STORIA POPOLARE CINESE

lunedì 31 agosto 2009

LA FIGLIA DELL'OSTESSA

Tre giovani passarono oltre il Reno, presso un ostessa presero alloggio.
“Ha vino e birra, signora ostessa? Dov'è sua figlia, lei così bella?”
“La mia birra e il vino è fresco e chiaro, la mia figlioletta è sul catafalco”.
E quando furono in quella stanza c'era lei dentro, in una nera bara.
Il primo, fu lui ad alzare il velo, e la fissava con sguardo mesto:
“Ah, bella ragazza, se tu vivessi, da quel momento ti amerei”.
Il secondo rimise il velo dov'era, si allontanò e intanto piangeva:
“Ahimè, tu giaci dentro la bara, per tanti anni io ti ho amata”.
Il terzo lo alzò subito ancora e la baciò la bocca così smorta:
“Ti ho sempre amata, anche ora seguito ad amarti e ti amerò in eterno”.
Ludwig Uhland

RIMANERE IN SILENZIO

In un piccolo tempio sperduto su una montagna, quattro monaci erano in meditazione.
Avevano deciso di fare una sesshin di assoluto silenzio.
La prima sera la candela si spense e la stanza piombò in una profonda oscurità.
Sussurrò un monaco: “Si è spenta la candela !”.
Il secondo rispose: “Non devi parlare, è una sesshin di silenzio totale”.
Il terzo aggiunse: “Perché parlate? Dobbiamo tacere, rimanere in perfetto silenzio !”.
Il quarto, il responsabile della sesshin, concluse: “Siete tutti stolti e malvagi, solo io non ho parlato !”.

LA PECORELLA SMARRITA

Una pecora scoprì un buco nel recinto e scivolò fuori.
Era così felice di andarsene.
Si allontanò molto e si perse.
Si accorse allora di essere seguita da un lupo.
Corse e corse, ma il lupo continuava ad inseguirla, finché il pastore arrivò e la salvò riportandola amorevolmente all'ovile.
E nonostante che tutti l'incitassero a farlo, il pastore non volle riparare il buco nel recinto.

martedì 4 agosto 2009

NESSUNO PUO' CAMBIARE IL DESTINO

Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi.Durante la marcia si fermò a un tempio shintoista e disse ai suoi uomini: «Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino».Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.«Nessuno può cambiare il destino» disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia.«No davvero» disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt'e due le facce.
(101 storie zen)

ORACOLO DI DELFI

"Ti avverto, chiunque tu sia.
Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie della tua casa,
come pretendi di trovare altre meraviglie?
In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.
Oh Uomo, conosci te stesso
e conoscerai l’Universo e gli Dei"

Oracolo di Delfi

REGALARE IL TEMPO

C’era una volta un povera donna che chiedeva qualche spicciolo all’angolo della strada…Era conosciuta da molti negozianti e passanti della zona come una persona mite e che non dava assolutamente alcun fastidio:si limitava con discrezione ad esporre il suo cappello ed un breve biglietto per raccontare la sua storia.
Con regolarità passava da lei un signore molto distinto, che si fermava a parlare.
All’inizio nessuno dei vicini ci fece caso, ma poi questa presenza periodica iniziò ad attirare l’attenzione.
Qualcuno notò che questo signore, sempre ben vestito, non lasciava mai neanche un soldo....e cosi cominciarono a circolare critiche di tutti i generi sulla “tirchieria” di questo personaggio.Tuttavia la donna sembrava sempre molto contenta di vederlo.Una volta uno dei negozianti presso cui la nostra donnina stazionava, dopo che il signore distinto fu andato via, gli chiese:“come stanno andando le entrate oggi?”
“molto poco…anzi quasi nulla…”
In quel momento passo una signora che lasciò qualche centesimo….al che il negoziante aggiunse, con una punta di sarcasmo:“certo però che se almeno quel signore cosi distinto ti desse una frazione dei suoi averi, potresti evitare di stare qui tutto il giorno..”
“oh, no, non è cosi – rispose la donna – Sai chi è quello??
Quello è il presidente di una grande società: per parlare con lui la gente fa la fila per settimane.
Ogni minuto del suo TEMPO vale un sacco di soldi…!!”“ e allora?? A maggior ragione dovrebbe dare di più…”
“ma lui dà di più…..mi dona ogni giorno il bene più prezioso che ha…una cosa che non si riguadagna: un pò del suo tempo per ascoltarmi…e per farmi sentire importante per qualcuno…..
….”
dal web

sabato 1 agosto 2009

IL SEME MAGICO


Una donna, in preda alla disperazione per la perdita dell'unico figlio, si recò da un vecchio saggio per chiedere un incantesimo che lo riportasse in vita.
Il saggio, dopo un lungo silenzio, disse: “Portami un seme di senape dalla casa dove non c'è mai stata la sofferenza: con quello porterò via il dolore dalla tua vita”.
La donna si mise in cammino e presto scoprì che ogni casa aveva sofferto i suoi drammi: colpita dalla visione di tanta sofferenza, si fermò a soccorrere gli altri.
E ne fu così coinvolta che dimenticò di cercare il seme magico, senza capire ciò che aveva tolto la disperazione dalla sua vita.
(Antica storia cinese)

martedì 5 maggio 2009

CHI AMA DI PIU' ?

"Figlie mie, poiché ci spoglieremo del potere, delle cure di stato ed anche d'ogni interesse territoriale, dichiarateci adesso quale di voi dovremo dire che ci ami di più, così da estendere la nostra munificenza a colei nella quale la natura fa a gara con il merito"…
Gonerill – Sire, il mio amore è più grande di quanto possano sostenere le parole, più caro della vista, della libertà, dello spazio, maggiore di quel che v'è di più raro e prezioso… un amore che rende povera la lingua e inetto il discorso. Io vi amo al di là di qualsiasi misura.
Cordelia (fra sé) – Che dirà mai Cordelia? Ama e taci.…
Regan – Son fatta nel medesimo conio di mia sorella e mi valuto alla sua stregua. Nel mio cuore sincero, trovo un identico contratto d'amore, ma il suo è un poco esoso; infatti io mi professo nemica di ogni altra gioia che i sensi nel loro prezioso equilibrio posseggono, e trovo l'unica mia felicità nell'amore della cara Altezza Vostra.
Cordelia (fra sé) – E allora povera Cordelia! Anzi non povera, poiché son certa che il mio amore è più ricco della mia lingua.…
Re Lear - Ed ora, gioia nostra, l'ultima e la più piccola… cosa puoi dire per assicurarti un terzo più opulento che non le tue sorelle? Parla!
Cordelia – Nulla, mio signore.
Re Lear - Nulla?
Cordelia – Nulla.
Re Lear – Da nulla non sortirà nulla. Parla ancora.
Cordelia – O mia sfortuna: non riesco a sollevare il peso del mio amore fino alle mie labbra: amo Vostra Maestà secondo il nostro vincolo, né più né meno.
Re Lear – Su, su, Cordelia! Fammi un discorso più accomodante se non vuoi guastare le tue fortune.
Cordelia – Mio buon signore, da voi fui generata, allevata ed amata; io ripago quei debiti al giusto valore: obbedendovi, amandovi e onorandovi profondamente. Perché le mie sorelle hanno mariti, se dicono di amare soltanto voi? Se mai mi mariterò, l'uomo a cui darò la mia fede porterà via con sé metà del mio amore, metà delle mie cure, metà dei miei doveri: certo, non mi sposerò mai come le mie sorelle, per lasciare a mio padre tutto il mio affetto.
Re Lear – Parli col cuore?
Cordelia – Sì, mio buon signore.
Re Lear – Tanto giovane e già tanto dura?
Cordelia – Tanto giovane, mio signore, e tanto sincera.
Re Lear di W. Shakespeare

giovedì 16 aprile 2009

IL PETTEGOLEZZO

Un giorno una donna spettegolava con un amica di un uomo che a malapena conosceva....
Quella notte fece un sogno…, un enorme mano apparve sopra di lei, e le puntò il dito contro,
la donna fu sopraffatta da un opprimente senso di colpa,
il giorno seguente andò a confessarsi, da un anziano prete della parrocchia…al quale raccontò tutto…
“il pettegolezzo è peccato??” chiese al vecchio prete...
“era la mano di Dio onnipotente che puntava il dito contro di me??...le devo chiedere l’assoluzione, Padre…..mi dica..ho commesso peccato??
“SI”…le rispose il Padre
“SI, donna ignorante e male allevata. Hai detto falsità sul conto di un tuo simile, hai messo a repentaglio la sua reputazione, dal profondo del cuore te ne dovresti vergognare…..!
Allora, la donna disse di essere pentita, e chiese il perdono...
“Non avere fretta…” disse il Padre, “vai a casa tua prima, prendo un bel cuscino e portalo sul tetto. Squarcialo bene con un coltello,e poi ritorna da me….”
Cosi la donna andò a casa, prese un cuscino dal letto, un coltello in cucina, salì sul tetto, salendo dalla scala antincendio e squarciò il guanciale.
Tornò poi dal vecchio prete, come lui le aveva detto….
“Hai squarciato il cuscino con il coltello??...chiese lui
“Si Padre…”“e il risultato qual è stato??”
“piume”….disse lei
“piume”….fece eco il prete
“piume dappertutto Padre”
“ora voglio che tu torni a casa, a raccogliere tutte le piume volate via con il vento”
“ ma…” rispose la donna…”non è possibile, non so dove siano finite, il vento le ha portate chissà dove…”
“…e questo è…”…disse il Padre….”IL PETTEGOLEZZO”….

( dal Film : Il Dubbio )

IL SILENZIO DEGLI UOMINI

Quante parole vanno perdute. Lasciano la bocca e perdono il coraggio, e se ne vanno in giro finché finiscono nel cataletto di scolo come foglie morte. Nei giorni di pioggia, passando, si sentono i loro cori:
ErounabellissimaragazzaTipregononandarteneCredoanch’iocheilmiocorposia-
divetroNonhomaiamatonessunoPensodiesseresimpaticaPerdonami...
C'era un tempo in cui non era insolito usare un pezzo di filo per guidare le parole che altrimenti avrebbero faticato ad arrivare a destinazione. Le persone timide si portavano in tasca un rocchetto di filo, ma anche chi aveva facilità a esprimersi sentiva di averne bisogno dal momento che, chi era abituato a farsi ascoltare da tutti, spesso si trovava in difficoltà quando voleva essere ascoltato da una persona in particolare. La distanza fisica tra due persone che usavano il filo spesso era minima; talvolta più piccola era, e maggiore era la necessità di usare del filo.
L'abitudine di attaccare un bicchierino a ciascun capo del filo nacque molto tempo dopo. Alcuni sostengono che sia legata all'impulso insopprimibile di portarsi alle orecchie le conchiglie, per ascoltare l'eco della prima espressione del mondo. Altri dicono che fu inaugurata da un uomo che teneva un capo del filo srotolato da una sponda all’altra dell'oceano, fino a una ragazza partita per l'America.
Quando il mondo divenne più grande e non ci fu abbastanza filo per impedire che le cose che gli uomini volevano dire scomparissero nell'immensità, fu inventato il telefono.
A volte non c'è filo abbastanza lungo per dire quello che è necessario. In quei casi, il filo non puo fare altro che accompagnare il silenzio degli uomini.

Nicole Krauss – La storia dell'amore

martedì 14 aprile 2009

CONTINUARE A LOTTARE

Una rosa bramava giorno e notte la compagnia delle api, ma nessuna andava a posarsi sui suoi petali. Nonostante ciò, il fiore continuò a sognare: nelle lunghe notti, immaginava un cielo dove volteggiavano miriadi di api, che si posavano a baciarlo teneramente. Grazie a questo sogno, riusciva a resistere fino all'indomani, allorché tornava a schiudersi con la luce del sole. Una notte, conoscendo la solitudine che la attanagliava, la luna domandò alla rosa:
«Non sei stanca di aspettare?»
«Forse si. Ma devo continuare a lottare.»
«Perché?»
«Perché se non mi schiudo, appassisco.»
Nei momenti in cui la solitudine sembra annientare ogni bellezza, l'unica maniera di resistere è quella di mantenersi aperti.

LA SOFFERENZA PROPRIA E QUELLA DEGLI ALTRI

Un giorno un'aquila piombò nel nido dell'allodola e fece strage dei piccoli. Quando l'allodola madre ritornò a casa, scoppiò a piangere disperatamente. Si recò allora dal Re del bosco per essere vendicata.
Il Re rimase silenzioso di fronte alla richiesta dell'allodola. Poi disse: "Guarda, guarda laggiù. Vedi quella famiglia di moscerini che danza felice?"
"Sì, la vedo", rispose l'allodola, "E allora?"
Non fece in tempo a concludere la frase che in quel momento sbucò dai rami, all'improvviso, un'altra allodola che piombò sui moscerini divorandoli.
"Vedi?" disse il Re del bosco, "Tutte le creature viventi sono crudeli, ma tutti pensano alla sofferenza propria, non a quella degli altri; al male che ricevono, non al male che fanno."
L'allodola ammutolì e volò via in silenzio.
dal web