Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un'ottantinadi anni arrivó per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice.Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9:00.Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltreun'ora prima che qualcuno potesse vederlo.Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento chenon avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io dellaferita.Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere glistrumenti necessari per rimuovere la sutura erimedicargli la ferita.Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altroappuntamento medico dato che aveva tantafretta.L'anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per farcolazione con sua moglie.Mi informai della sua salute e lui mi raccontó che era affetta da tempodall'Alzheimer.Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po'tardi.Lui mi rispose che lei non lo riconosceva giá da 5 anni.Ne fui sorpreso, e gli chiesi 'E va ancora ogni mattina a trovarla anche senon sa chi é lei'?L'uomo sorrise e mi batté la mano sulla spalla dicendo: ''Lei non sa chisono, ma io so ancora perfettamente chi él ei"Dovetti trattenere le lacrime...Avevo la pelle d'oca e pensai: 'Questo é ilgenere di amore che voglio nella mia vita".Il vero amore non é né fisico né romantico. Il vero amore é l'accettazionedi tutto ció che é, é stato, sará e non sará.Le persone piú felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ció che hanno.
Blog della rete dei siti www.maldamore.it e www.iltuopsicologo.it inerenti le favole, le novelle, i racconti e le storie di ogni dove e di ogni paese che possono avere valenze... terapeutiche
sabato 9 agosto 2008
SOCRATE ED I SANDALI
Una volta i discepoli del grande filosofo Socrate fecero una colletta per compragli un paio di sandali nuovi, perché tutte le mattine Socrate andava al mercato con un paio di vecchi sandali.
Poi gli dissero:
- Maestro, accetta queste monete per comprarti un paio di nuovi sandali per andare al mercato. Quello che hai sono vecchi e rotti. Tu non ci chiedi niente per i tuoi insegnamenti, perciò accetta questa forma di gratitudine.
-
Socrate rispose:
- Io sono contentissimo di voi e dei miei vecchi sandali. Vado tutte le mattine al mercato per vedere quante cose si vendono e di cui non ho bisogno.
Per i discepoli fu una grande Lezione.
Quante volte si soffre per avere una cosa di cui non si ha bisogno.....
dal web
Poi gli dissero:
- Maestro, accetta queste monete per comprarti un paio di nuovi sandali per andare al mercato. Quello che hai sono vecchi e rotti. Tu non ci chiedi niente per i tuoi insegnamenti, perciò accetta questa forma di gratitudine.
-
Socrate rispose:
- Io sono contentissimo di voi e dei miei vecchi sandali. Vado tutte le mattine al mercato per vedere quante cose si vendono e di cui non ho bisogno.
Per i discepoli fu una grande Lezione.
Quante volte si soffre per avere una cosa di cui non si ha bisogno.....
dal web
IMPOSSIBILI VOLI
Un giorno provai ad alzarmi in volo, provai l'ebrezza di lanciarmi nel vuoto, provai a sfidare le leggi della gravità, studiai e sperimentai tecniche nuove e cercai i luoghi e le correnti giuste ... ma le mie ali , al pari di quelle di Icaro, si sciolsero quando stavo per toccare il sole ....
Precipitai ... tentai di planare ma ... il mio atterraggio di fortuna riuscì a metà. Ora l'infinita gioia che pervase il mio cuore ha lasciato il posto al dolore e , quasi incapace di muovermi, sto pensando a dove ho sbagliato. Ripasso mille volte con la mente ogni istante, ogni secondo di quell'indimenticabile volo.
Forse ora è meglio che la smetta di ingannarmi. Forse ora è tempo che comprenda che le mie ali non mi porteranno mai più da nessuna parte. Forse è giunto il momento che capisca che queste ali, costruite con tanta pazienza ed infinito amore sono diventate inservibili. Queste ali, che mi hanno permesso di toccare il cielo sono diventate ormai solo un peso. Forse è giunta l'ora che mi rialzi e ricominci a camminare. Questa volta con i piedi ben saldi a terra. Dimenticando impossibili voli .
Evitando di guardare in alto ... evitando di guardare il sole e le stelle...
(anonimo)
Precipitai ... tentai di planare ma ... il mio atterraggio di fortuna riuscì a metà. Ora l'infinita gioia che pervase il mio cuore ha lasciato il posto al dolore e , quasi incapace di muovermi, sto pensando a dove ho sbagliato. Ripasso mille volte con la mente ogni istante, ogni secondo di quell'indimenticabile volo.
Forse ora è meglio che la smetta di ingannarmi. Forse ora è tempo che comprenda che le mie ali non mi porteranno mai più da nessuna parte. Forse è giunto il momento che capisca che queste ali, costruite con tanta pazienza ed infinito amore sono diventate inservibili. Queste ali, che mi hanno permesso di toccare il cielo sono diventate ormai solo un peso. Forse è giunta l'ora che mi rialzi e ricominci a camminare. Questa volta con i piedi ben saldi a terra. Dimenticando impossibili voli .
Evitando di guardare in alto ... evitando di guardare il sole e le stelle...
(anonimo)
UCCELLO IN GABBIA
A primavera un uccello in gabbia sa bene che c'è qualcosa a cui potrebbe servire, sente benissimo che ci sarebbe qualcosa da fare, ma non ci può far nulla, e cos'è questo? Non si ricorda bene, ha idee vaghe e dice: "Gli altri fanno i loro nidi e portano fuori i loro piccoli e li cibano" e poi sbatte il suo capino contro le grate della gabbia. Ma la gabbia resiste e l'uccello impazzisce dal dolore. "Guarda che fannullone", dice un altro uccello che passa là davanti, "quello è un tipo che vive di rendita''. Eppure il prigioniero continua a campare, non muore, fuori non appare nulla di quel che ha dentro, è in buona salute, e di tanto in tanto è allegro sotto i raggi del sole. Ma poi viene il tempo degli amori. Ondate di depressione. "Ma ha poi proprio tutto quel di cui ha bisogno?'' dicono i bambini che si prendono cura di lui e della sua gabbietta. E lui sta appollaiato con lo sguardo proteso verso il cielo, dove sta minacciando un temporale, e dentro di sè sente ribellione per la sua sorte. "Me ne sto in gabbia, me ne sto in gabbia, e non mi manca niente, imbecilli! Ho tutto ciò di cui ho bisogno! Ma per piacere, libertà, lasciatemi essere un uccello come gli altri!". Cosi, talvolta, una donna che non fa nulla assomiglia a un uccello che non fa nulla....
(Vincent Van Gogh)
(Vincent Van Gogh)
LA PERSEVERANZA E LA TIGRE
Che cosa dovete fare se vi accorgete di non ottenere i risultati desiderati nella conquista? Perseverate nel comportamento giusto, perché alla fine produrrà frutti superiori alle vostre aspettative. “La pazienza è amara, ma dà un frutto dolce”, disse una volta Rousseau.
Un’antica favola coreana narra di una giovane sposa il cui marito tornò a casa dopo aver combattuto in guerra alcuni anni. Dopo il ritorno dalla guerra, l’uomo sembrava distaccato dalla vita e da lei; quando la moglie gli parlava, la ignorava, e quando le rivolgeva la parola era sempre con un tono di voce aspro. Andava in collera quando il cibo preparato dalla moglie non era esattamente di suo gradimento, e spesso lei lo sorprendeva a guardare nel vuoto con aria apatica e sofferente.
La donna si rivolse a un vecchio saggio, chiedendogli aiuto. Gli domandò se esisteva una pozione che facesse ridiventare suo marito l’uomo amorevole che era sempre stato. Il vecchio saggio le disse che prima era necessario procurarsi un pelo dei baffi di una tigre viva, che era l’ingrediente principale di quella pozione. La giovane donna era terribilmente spaventata alla prospettiva di tentare di procurarsi un baffo di tigre, ma l’amore per il marito e il desiderio che i loro rapporti tornassero quelli di un tempo la spinsero a tentare la ricerca dell’ingrediente necessario.
Di notte, mentre il marito dormiva, ignaro delle sue attività, scese dal letto per raggiungere a piedi una montagna vicina dov’era risaputo che vivesse una tigre. Lassù, munita solo di una ciotola di riso con sugo di carne, offrì il cibo alla tigre e la invocò in lacrime, supplicandola di avvicinarsi a mangiare. Da principio la tigre si limitò a ignorare i suoi richiami; ma la donna insistette, una notte dopo l’altra, avvicinandosi ogni volta di qualche passo.
Infine una notte erano a pochi passi di distanza l’uno dall’altra e rimasero a guardarsi negli occhi, senza che nessuno dei due sapesse che cosa riservava il futuro. Finalmente la giovane donna coraggiosa si ritirò davanti alla tigre. La notte successiva, la tigre mangiò dalla sua mano. La giovane donna era esultante ma cauta. Nei mesi successivi, ogni notte, non fece null’altro che tendere la mano ad ogni visita, per lasciare che la tigre si sfamasse.
Parecchio tempo dopo, una notte, la giovane donna guardò in fondo agli occhi della tigre che mangiava dalla sua mano e disse: “Oh, ti prego, prezioso animale, non uccidermi per quello che sto per fare!”. Poi, fulminea, strappò dal muso della tigre un pelo dei baffi.
Scese di corsa lungo il sentiero per recarsi subito all’abitazione del vecchio saggio, sollevata all’idea che la tigre le avesse permesso di allontanarsi liberamente. Quando arrivò, ansimante ed eccitata, il vecchio saggio, esaminò attentamente il pelo per controllare che fosse autentico. Quando se ne fu accertato, si girò e lo gettò nel fuoco, sotto gli occhi inorriditi della giovane donna. “Che cosa fai?” gridò lei.
Il vecchio saggio rispose con dolcezza: “Donna, un uomo è forse più crudele di una tigre? Hai visto che grazie alla pazienza, alla gentilezza e alla comprensione, si può domare persino una bestia feroce e selvaggia. Senza dubbio puoi ottenere lo stesso risultato con tuo marito”.
Un’antica favola coreana narra di una giovane sposa il cui marito tornò a casa dopo aver combattuto in guerra alcuni anni. Dopo il ritorno dalla guerra, l’uomo sembrava distaccato dalla vita e da lei; quando la moglie gli parlava, la ignorava, e quando le rivolgeva la parola era sempre con un tono di voce aspro. Andava in collera quando il cibo preparato dalla moglie non era esattamente di suo gradimento, e spesso lei lo sorprendeva a guardare nel vuoto con aria apatica e sofferente.
La donna si rivolse a un vecchio saggio, chiedendogli aiuto. Gli domandò se esisteva una pozione che facesse ridiventare suo marito l’uomo amorevole che era sempre stato. Il vecchio saggio le disse che prima era necessario procurarsi un pelo dei baffi di una tigre viva, che era l’ingrediente principale di quella pozione. La giovane donna era terribilmente spaventata alla prospettiva di tentare di procurarsi un baffo di tigre, ma l’amore per il marito e il desiderio che i loro rapporti tornassero quelli di un tempo la spinsero a tentare la ricerca dell’ingrediente necessario.
Di notte, mentre il marito dormiva, ignaro delle sue attività, scese dal letto per raggiungere a piedi una montagna vicina dov’era risaputo che vivesse una tigre. Lassù, munita solo di una ciotola di riso con sugo di carne, offrì il cibo alla tigre e la invocò in lacrime, supplicandola di avvicinarsi a mangiare. Da principio la tigre si limitò a ignorare i suoi richiami; ma la donna insistette, una notte dopo l’altra, avvicinandosi ogni volta di qualche passo.
Infine una notte erano a pochi passi di distanza l’uno dall’altra e rimasero a guardarsi negli occhi, senza che nessuno dei due sapesse che cosa riservava il futuro. Finalmente la giovane donna coraggiosa si ritirò davanti alla tigre. La notte successiva, la tigre mangiò dalla sua mano. La giovane donna era esultante ma cauta. Nei mesi successivi, ogni notte, non fece null’altro che tendere la mano ad ogni visita, per lasciare che la tigre si sfamasse.
Parecchio tempo dopo, una notte, la giovane donna guardò in fondo agli occhi della tigre che mangiava dalla sua mano e disse: “Oh, ti prego, prezioso animale, non uccidermi per quello che sto per fare!”. Poi, fulminea, strappò dal muso della tigre un pelo dei baffi.
Scese di corsa lungo il sentiero per recarsi subito all’abitazione del vecchio saggio, sollevata all’idea che la tigre le avesse permesso di allontanarsi liberamente. Quando arrivò, ansimante ed eccitata, il vecchio saggio, esaminò attentamente il pelo per controllare che fosse autentico. Quando se ne fu accertato, si girò e lo gettò nel fuoco, sotto gli occhi inorriditi della giovane donna. “Che cosa fai?” gridò lei.
Il vecchio saggio rispose con dolcezza: “Donna, un uomo è forse più crudele di una tigre? Hai visto che grazie alla pazienza, alla gentilezza e alla comprensione, si può domare persino una bestia feroce e selvaggia. Senza dubbio puoi ottenere lo stesso risultato con tuo marito”.
Iscriviti a:
Post (Atom)