domenica 21 settembre 2008

NON SI CAMBIA IL CUORE

In una notte gelida d'inverno, un lama buddhista trovò sulla soglia della porta un topolino intirizzito e quasi morto di freddo. Il lama raccolse il topolino, lo ristorò e gli chiese di restare a fargli compagnia. Da quel momento la vita del topolino fu piacevole. Ma nonostante questo, la bestiola non aveva l'aria felice. Il lama si preoccupò: "Che hai, piccolo amico?" gli chiese.
"Tu sei molto buono con me. E tutto nella tua casa è molto buono con me. Ma c'è il gatto...".
Il lama sorrise. Non aveva pensato al gatto di casa, un animale troppo saggio e troppo ben pasciuto per degnarsi di dare la caccia ai topi.
Il lama esclamò: "Ma quel bel micione non ti vuole certo male, amico mio! Non farebbe mai male a un topolino! Non hai niente da temere, te lo assicuro".
"Ti credo, ma è più forte di me" piagnucolò il topolino. "Ho tanta paura del gatto. Il tuo potere è grande. Trasformami in gatto! Cosi non avrei più paura di quella bestia orribile".
Il lama scosse la testa. Non gli sembrava una buona idea... Ma il topolino lo supplicava e allora disse: "Sia fatto come desideri, piccolo amico!".
E di colpo il topolino fu trasformato in un grosso gatto.
Quando morì la notte e nacque il giorno, un bel gattone uscì dalla camera del lama. Ma appena vide il gatto di casa, il gatto-topolino corse a rifugiarsi nella camera del lama e si infilò sotto il letto.
"Che ti succede, piccolo amico?" chiese il lama, sorpreso. "Avrai mica ancora paura del gatto?".
Il topolino-gatto si vergognò moltissimo. E implorò: "Ti prego trasformami in un cane, un grosso cane dalle zanne taglienti, che abbaia forte...".
"Dal momento che lo desideri ti accontento e così sia!".
Quando il giorno morì e si accesero le lampade a olio, un grosso cane nero uscì dalla camera del lama. Il cane andò fin sulla soglia della casa e incontrò il gatto di casa che usciva dalla cucina. Il gattone quasi svenne per la paura alla vista del cane. Ma il cane ebbe ancora più paura. Guaì penosamente e corse a rifugiarsi nella camera del lama. Il saggio guardò il povero cane tremante e disse: "Che ti succede? Hai incontrato un altro cane?".
Il cane-topolino si vergognò da morire. E chiese: "Trasformami in una tigre, ti prego, in una grossa terribile tigre!".
Il lama lo accontentò e, il giorno dopo, una enorme tigre dagli occhi feroci uscì dalla camera del lama. La tigre passeggiò per tutta la casa spaventando tutti, poi uscì nel giardino e là incontrò il gatto che usciva dalla cucina. Appena vide la tigre, il gatto fece un balzo terrorizzato, si arrampicò su un albero e poi chiuse gli occhi, dicendo: "Sono un gatto morto!".
Ma la tigre, vedendo il gatto, miagolò lamentosamente e fuggì ancora più veloce del gatto e corse a rifugiarsi in un angolo della stanza del
lama.
"Che bestia spaventosa hai incontrato?" gli chiese il lama.
"Io... io ho paura... del... gatto!" balbettò la tigre, che tremava ancora.
Il lama scoppiò in una gran risata. "Adesso capisci, piccolo amico" spiegò. "L'apparenza non è niente! Di fuori hai l'aspetto terribile di una tigre, ma hai paura del gatto perché il tuo cuore è rimasto quello di un topolino".

Bisogna sempre incominciare dal cuore.

Bruno Ferrero

PERDERE E VINCERE

Studiavo alla Scuola di Teatro, quando l'ex campione di pesi massimi, Mohammed Alì, decise di combattere con George Foreman per riconquistare il titolo. Non so per quale ragione, la boxe era uno sport molto popolare fra gli attori e i registi della scuola (credo che qualcuno politicamente corretto avesse detto qualcosa tipo: "Nella boxe i corpi dialogano veramente," e tutti ne eravamo rimasti affascinati).

Il giorno dell'incontro, uno dei professori della scuola mi chiamò: "Mohammed Alì vincerà," disse.

"Non credo," risposi. "In fin dei conti, George Foreman non ha mai perduto un incontro in tutta la sua vita."

"Proprio per questo," ribatté il professore. "Chi è stato al tappeto una volta, è molto più preparato a vincere di chi non ha mai perduto."

Qualche ora dopo, Alì riconquistò per la seconda volta il titolo. ( Paulo coelho )

LE DIFFERENTI PERCEZIONI

Un giorno un re riunì alcuni ciechi e propose loro di toccare un elefante per constatare come fosse fatto.
Alcuni afferrarono la proboscide e dissero: "Abbiamo capito: l'elefante è simile a un timone ricurvo".
Altri tastarono gli orecchi e dichiararono: "È simile a un grosso ventaglio".
Quelli che avevano toccato una zanna dissero: "Assomiglia a un pestello".
Quelli che avevano accarezzato la testa dissero: "Assomiglia a un monticello".
Quelli che avevano tastato il fianco dichiararono: "È simile a un muro".
Quelli che avevano toccato una gamba dissero: "È simile a un albero".
Quelli che avevano preso la coda dissero: "Assomiglia a una corda".
Ognuno era convinto della propria opinione. E, a poco a poco, la loro discussione divenne una rissa.
Il re si mise a ridere e commentò: "Questi ciechi discutono e altercano. Il corpo dell'elefante è naturalmente unico, e sono solo le differenti percezioni che hanno provocato le loro diverse valutazioni e i loro errori".
(parabola zen)

LA STAZIONE

"Nascosta da qualche parte nel vostro inconscio vi è una visione idilliaca. Ci vediamo in un lungo viaggio su tutto il continente. Viaggiamo in treno. Fuori del finestrino ammiriamo il passaggio a livello, bestiame al pascolo su una collina lontana, fumo che fuoriesce da una centrale termica, file su file di grano e di mais, pianure e valli, montagne e dolci colline, profili di città e ville nei paesini.

Ma dominante nella nostra mente è la destinazione finale. In un certo giorno a una certa ora entreremo nella stazione. Ci saranno bande musicali e sventolio di bandiere. Una volta arrivati lì, tanti sogni meravigliosi si avvereranno e i pezzi della nostra vita si completeranno a vicenda come un rompicapo portato a termine.

Con quale irrequietezza percorriamo i corridoi, maledicendo i minuti d'ozio, aspettando, aspettando, aspettando la stazione.
"Quando arriveremo in stazione, sarà fatta!" gridiamo. "Quando avrò diciotto anni." "Quando mi comprerò una Mercedes Benz nuova!" "Quando l'ultimo figlio avrà terminato l'Università." "Quando avrò finito di pagare il mutuo!" "Quando avrò la promozione." "Quando raggiungerò la l'età della pensione, vivrò felice e contento!".

Prima o poi dobbiamo renderci conto che non vi è nessuna stazione, nessun luogo a cui arrivare una volta per tutte. La vera gioia della vita è il viaggio. La stazione è soltanto un sogno. Ci distanzia sempre. "Assapora l'attimo fuggente." Non sono i fardelli di oggi a fare impazzire gli uomini. Sono i rimpianti di ieri e le paure di domani. Rimpianti e paure sono ladri che ci derubano dell'oggi.

Allora smettete di percorrere i corridoi e di contare i chilometri. Invece scalate più montagne, mangiate più gelato, camminate più spesso a piedi nudi, nuotate in più fiumi, ammirate più tramonti, ridete di più, piangete di meno. La vita deve essere vissuta a mano a mano che si procede. La stazione arriverà fin troppo presto."
(Robert J. Hastings : "La stazione")

AMARSI RECIPROCAMENTE

A un uomo fu dato il permesso di visitare il paradiso e l'inferno mentre era ancora in vita.
Andò prima all'inferno, e lì vide una grande accolta di persone sedute a lunghe tavolate, imbandite di cibo ricco e abbondante. Eppure queste persone piangevano e stavano morendo di fame. Il visitatore ben presto ne vide la ragione: i cucchiai e le forchette che usavano erano più lunghe delle loro braccia, cosicché costoro erano incapaci di portare il cibo alla bocca.
Poi l'uomo andò in paradiso e lì trovò la stessa situazione: lunghe tavolate imbandite con cibo di ogni genere; anche qui la gente aveva le posate più lunghe delle braccia e anche qui non poteva portare il cibo alla bocca; eppure avevano tutti l'aria di essere soddisfatti e ben nutriti. La spiegazione era semplice: anziché cercare di nutrire se stessi, si imboccavano reciprocamente. (R. Ferrucci)

UNA MACCHIA D'INCHIOSTRO

Un professore di filosofia sale in cattedra e, prima di iniziare la lezione, toglie dalla cartella un grande foglio bianco con una piccola macchia d'inchiostro nel mezzo.
Rivolto agli studenti domanda: "Che cosa vedete qui?".
"Una macchia d'inchiostro", rispose qualcuno.
"Bene", continua il professore, "così sono gli uomini: vedono soltanto le macchie, anche le più piccole, e non il grande e stupendo foglio bianco che è la vita". (V. Buttafava)

LA FACCENDA DEI QUADRI

A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran. Cos’è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto fra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buona notte, ‘notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto: fran. Non si capisce. E’ una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio… (Baricco)

PERCHE' COSI' DURO ?

“Perché così duro? - disse una volta il carbone al diamante: non siamo forse parenti stretti?”.
Perché così molli? Fratelli miei, questo io lo chiedo a voi: non siete forse - i miei fratelli?
Perché così molli, così cedevoli e arrendevoli? Perché nei vostri cuori è tanta negazione, rinnegamento? Così poco destino nel vostro sguardo?
E se non volete essere destini e inesorabili: come potreste un giorno, insieme a me - vincere?
E se la vostra durezza non vuole lampeggiare e scindere e tagliare: come potreste un giorno, insieme a me - creare?
Tutti i creatori infatti sono duri. E dovrà parervi beatitudine, premere la vostra mano su millenni come su cera;
- Beatitudine scrivere sulla volontà di millenni come su bronzo - più dura che bronzo, più nobile che bronzo. Solo le cose più nobili sono veramente dure.
“Questa nuova tavola, o miei fratelli, io pongo sopra di voi: divenite duri!”. (Così parlò Zarathustra, 3, 90)